Oggi ti faccio una domanda che forse ti metterà in una posizione un po’ scomoda: ti sei mai mostrato davvero per quello che sei?
Non intendo dire la versione “migliore” di te. Non intendo quella che si adatta alle aspettative, che cerca di controllare l’immagine o di proteggersi dal giudizio.
No.
Intendo dire TE.
Te nella tua versione “migliore” ma anche con le tue esitazioni, le tue emozioni fuori posto, i tuoi pensieri non sempre in ordine.
Non è facile farlo, vero?
Ci vuole coraggio per abbassare le difese, per rinunciare — anche solo per un attimo — all’idea di dover essere sempre “a posto” e difficilmente siamo disposti a farlo con tutti… Eppure, è proprio in quei momenti di verità che qualcosa si apre.
Lasciarsi vedere davvero è qualcosa di molto semplice, ma tutt’altro che facile: è un atto che può far tremare e lo facciamo solo con le persone delle quali ci fidiamo 😊e alla fiducia si va ad associare un altro ingrediente, del quale ti ho accennato nel precedente articolo, meno visibile ma altrettanto potente: la vulnerabilità.
Quando scegliamo di mostrarci per ciò che siamo, senza filtri e senza maschere, invitiamo l’altro a fare lo stesso. Ma uno dei malintesi più diffusi è che vulnerabilità significhi esporsi al giudizio, mostrarsi fragili, perdere il controllo.
In realtà, vulnerabilità non è debolezza. In realtà, essere vulnerabili richiede forza. È la scelta consapevole di accogliere l’incertezza e condividere ciò che sentiamo, anche quando potremmo non essere compresi.
Non si tratta di raccontare tutto a tutti, ma di trovare il modo e il momento per essere sinceri, aperti, autentici. Con sé stessi, prima di tutto. E poi con gli altri.
Autenticità: un ponte verso la fiducia
Quando ci mostriamo autentici — ad esempio, quando ammettiamo un errore, condividiamo un dubbio, raccontiamo una fragilità — in quel momento accade qualcosa.
L’atmosfera cambia.
Le difese si abbassano.
E automaticamente ci si avvicina, non necessariamente fisicamente ma di sicuro emotivamente; e a volte non servono nemmeno le parole, basta anche il silenzio.
La vulnerabilità vera, quella che non cerca conferme né pietà, ma che semplicemente è, ha il potere di creare connessione.
Perché la fiducia non nasce dalla perfezione, ma dalla verità condivisa.
E non servono grandi gesti. A volte basta comunicare che “non lo so”, “mi sento in difficoltà”, “questa cosa mi ha toccato”.
Sono parole semplici, ma aprono spazi nuovi nei rapporti. Rendono i confini più morbidi.
Permettono all’altro di dire, anche solo con lo sguardo: “Anche io.”
Nel counseling, la vulnerabilità è una risorsa preziosa
In un processo di counseling, la vulnerabilità detiene un ruolo chiave.
È ciò che permette al cliente di accedere a una conoscenza di sé più profonda, di ascoltare la propria voce interiore, di esprimersi senza necessità di ostentazioni.
Inoltre, è ciò che alimenta una connessione autentica e vibrante con il counselor: non una relazione “superiore”, ma un rapporto umano a tutti gli effetti.
Il counselor abbraccia la vulnerabilità altrui senza pregiudizi, e a sua volta si espone– non attraverso le parole, bensì tramite la presenza, l'ascolto, restando accanto all’altro, anche nell'incertezza.
In questo spazio protetto, la vulnerabilità smette di essere un rischio e diventa uno strumento di trasformazione.
Anche nel mondo lavorativo, la vulnerabilità fa la differenza
Nel contesto professionale si tende spesso a focalizzarsi su performance, abilità, risultati.
Ma si dimentica che alla base di tutto ci sono le persone.
E le persone si affidano a chi percepiscono come genuino. A chi ha il coraggio di affermare: “Non possiedo tutte le risposte, ma sono qui.”
Anche in ambito aziendale, la vulnerabilità non equivale a debolezza.
Al contrario: riconoscere un errore, chiedere aiuto, esternare un dubbio sono azioni che consolidano la credibilità e la leadership.
La vulnerabilità diventa così un linguaggio: quello della presenza, dell’ascolto, della disponibilità e della volontà di crescere insieme.
Fidarsi è esporsi… ma ne vale assolutamente la pena
Mostrarsi per ciò che si è – anche con le sfaccettature più delicate, sensibili e umane – è un atto di fiducia verso se stessi e verso l'altro.
Non è un obbligo, e non va offerta a chiunque o a cuor leggero.
Ma quando lo facciamo, accade qualcosa di speciale: si crea uno spazio di reciprocità.
Ed è in questo spazio che la fiducia può radicarsi, giorno dopo giorno.
Prova a fare un piccolo gesto oggi: avvia una conversazione con qualcuno con cui non parli spesso, oppure approfondisci un dialogo già iniziato.
Ascolta con attenzione, resta presente, e osserva come anche il più semplice degli scambi possa trasformarsi in un momento di connessione autentica.
Perché sono proprio queste piccole aperture, coltivate giorno dopo giorno, a creare relazioni profonde e significative.
Hai domande su come applicare questi principi nella tua vita personale o professionale?
Contattami per una consulenza personalizzata: iniziamo insieme un percorso di crescita fondato sull’ascolto, sulla fiducia e sull’autenticità.